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DIEGO – 1961

Correva l’anno 2003 ed era primavera. Come sempre appassionato di montagna, dopo una stagione passata sugli sci, cominciavano le prime escursioni nelle meravigliose piccole dolomiti che circondano Schio.Ero sempre abbastanza allenato,ma mi capitava sempre con più frequenza di fare anche 500-600 mt di dislivello senza problemi, ma all’arrivo, soprattutto quando la quota era sui 2000mt, mi mancava il fiato per andare avanti e anche se mi fermavo a recuperare,come di solito si fa, non riuscivo a recuperare e a ripartire. Allora mi fermavo in rifugio e mi veniva mal di testa e finchè non si scendeva, non tornavo a stare bene. La prima volta pensi che è un giornata storta, la seconda che forse non sei così allenato, la terza comincia a insidiarsi il dubbio. Che abbia qualche problema?
Faccio una prima visita dalla mia carissima Dott.ssa di base Daniela Bertolin spiegandole il tutto; mi manda a Thiene dal Dott. Dal Carobbo per fare una banale spirometria, scrivendo dispnea da sforzo e sospetta fibrosi. In effetti, era tutto l’inverno che avevo una leggera tosse secca,fastidiosa, ma pensavo fosse semplicemente una tosse stizzosa da stress.
Era tanto tempo che non facevo più una spirometria, perché le facevo da giovane per avere il certificato medico per le visite sportive.(facevo gare di sci fin da bambino e queste visite erano obbligatorie).
Mi sembrava tutto una banalità e il 13 maggio faccio questa spirometria , il Dott. Dal Carobbo dopo avere guardato le unghie delle mie mani chiaramente ricurve , mi chiede da quanto tempo le avessi così, non mi allarma, ma mi dice che è meglio fare una Tac di accertamento, perchè la mia VA della spirometria è molto bassa (ero già al 53-55% del teorico).
Il giorno dopo faccio la Tac e non appena presento l’esito al pneumologo Dott. Tessarolo, si scatena l’impossibile.
Mi parla di sospetta Fibrosi idiopatica o di sarcoidosi e mi programma un piccolo intervento a Castelfranco Veneto, perchè secondo lui alla mia età , 42 anni, non si poteva aspettare per avere una diagnosi certa.
Non avevo molto tempo di occuparmi della faccenda, perché finalmente dopo 5 anni di duro lavoro stavamo completando la nuova casa in cui saremmo entrati nel febbraio del 2004.
A metà giugno mi ricoverano e faccio la mia prima broncoscopia e poi l’intervento VATS con relativo prelievo di materiale per l’esame istologico. Mi sembrava di essere dentro ad un film , ma quando mi diedero l’esito in cui si dichiarava con certezza che si trattava di fibrosi idiopatica interstiziale detta anche UIP , mi crollò il mondo addosso. Mi ero già documentato in internet, avevo capito la gravità della situazione, anche se i medici rimanevano sempre sul generico.
I medici di Castelfranco mi suggeriscono di prendere contatto con un pneumologo per cominciare una terapia.
Approdo dal carissimo Dott. Andrea Vianello il quale mi dice dopo avere letto la diagnosi:
“Lo sa signor Cavion che a Padova facciamo anche i trapianti, ma adesso giriamo pagina e l’obiettivo numero uno è di tenere ferma la malattia con il minimo indispensabile di terapia”.
Non capivo quanta umanità portavano con se queste parole, ma lo capiì bene in seguito. Io e mia moglie eravamo distrutti, ma positivi, ci facevamo forza e continuavamo a pensare di essere fortunati e che con un pò di terapia cortisonica io avrei continuato così tutta la vita.
In febbraio feci il trasloco nella nuova casa e un po’ per lo stress e un po’ per i farmaci che prendevo, non riuscivo più a dormire di notte. Così cominciai a tranquillanti. Non lo avessi mai fatto ! Mi venne una depressione paurosa, non vedevo vie d’uscita, ma soprattutto non riuscivo più a reagire. Avevo tentato tutto, contattato pneumologhi, omeopati, iridologhi ecc..ecc..ma un giorno, incontro una Suora che faceva agopunture e mi scosse talmente tanto che decisi di buttare via tutto, di disinteressarmi del problema , buttai i tranquillanti e ripresi a caffè e a lavorare sodo. Il 2004 e il 2005 li trascorsi all’insegna del voler vivere alla grande, tutto come fosse l’ultima volta. Andammo a Roma, a Minorca a sciare e in montagna. Il buon Dott. Vianello ,mi seguiva e mi controllava con le spirometrie e mi rincuorava continuamente dicendomi che rimanevo stabile e lasciandomi la libertà anche di consultare altri medici più specializzati di lui in materia.
Mi proposero anche un trial con l’interferone gamma, ma non accettammo e andò bene così, perché 2 anni dopo sospesero la sperimentazione che non dava risultati.
Entrambi sapevamo bene che non c’era soluzione, e ogni volta che toglievo il cortisone le cose precipitavano. Arrivò così il 2006 ed ebbi un crollo a due vertebre e questo mi fermò definitivamente nell’attività fisica, portai il busto 6 mesi, ma con la caparbietà di lavorare e andare comunque in ferie a Creta con il busto,in agosto feci la settimana dei controlli in reparto pneumologia per l’accesso alla lista. Nella mia testa non passava mai il pensiero che non c’è l’avrei fatta e quando cominciai con l’ossigeno, mi organizzai con bombole bombolette e bomboloni a casa e al lavoro. In dicembre del 2007 dopo un anno di ossigenoterapia ormai viaggiavo a 5-6 litri al minuto da fermo e a 7 litri in movimento (riuscivo a malapena a fare pochi metri senza entrare in dispnea).
Capivo che ormai stava per finire ma non mollavo. La settimana del 17 dicembre ero rimasto a casa perché mi era venuta un pò di febbre guarita in un giorno, ma credo che non sarei più ritornato al lavoro, non ne avevo più le forze.
Il 21 pomeriggio arriva Marisa,mia suocera a casa mia tutta agitata dicendomi che avevano chiamato da Padova e di tenermi pronto. In effetti mi ritelefonarono e mi dissero di prepararmi e attendere una loro telefonata per partire da Schio al momento giusto. Era sera e io e mia moglie Eliana aspettavamo e non sapevamo bene cosa fare, mia figlia era a Roma e mio figlio Alessandro era da amici, mi sembrava di esser in attesa, come quella sera che mia moglie doveva partorire Claudia e che aspettavamo il momento giusto. Verso le 10 di sera arriva la chiamata e si parte per Padova. Guidai io, volevo tenere il cervello occupato. Poi tutto si svolse velocemente e il 22 notte fecero il trapianto bilaterale con un solo piccolo inconveniente, la mia cassa toracica era diventata troppo piccola per ricevere gli organi, ma il bravissimo dott. Rea, assieme alla sua equipe effettua un trapianto lobare e risolve la situazione. Rimasi in terapia intensiva 9 giorni e poi mi portarono in reparto. Restai in reparto fino all’8 febbraio 2008 e poi tornai a casa.
Non è stato facile, in rianimazione, ero neuroligicamente anche troppo attivo e quando arrivai in reparto crollai e trascorsi quasi 5 giorni senza mai dormire per le allucinazioni. La ripresa al respiro normale non è stata facile e ricordo che a differenza degli altri pazienti , non vedevo l’ora di usare la maschera per la respirazione aiutata e inoltre non riuscivo a ritrovare il mio equilibrio biologico.
Quando tornai a casa però tutto riparti, come in un sogno. Mi sembrava di essere stato azzerato fisicamente e mentalmente, ma ogni giorno che passava era un progresso. E’ stato veramente un rinascere in una nuova vita, quello che il giorno prima era un problema, il giorno dopo era già risolto.
In giugno ripresi il lavoro e in agosto riuscii ad andare in Francia a fare un po’di ferie dai miei amici e parenti. Traguardi veramente importanti per me e che fanno capire quali opportunità può dare un intervento di questo genere.
Certo effetti collaterali non sono mancati, osteoporosi, CMV, catarrata operata con successo in entrambi agli occhi,micosi alle gambe ecc … ma il risultato è stato grandioso, oggi me ne vado a spasso tutte le mattine facendo cammino in salita anche per quasi un’ora. Anzi se devo dirla tutta ho provato anche a tornare in montagna e qualche km l’ho fatto senza problemi e un domani chissà….

Ho raccontato questa storia come fosse una cronistoria, perché penso sia giusto che quelli che leggono abbiano più informazioni possibili. La nostra è una malattia subdola, che si comporta in maniera diversa da persona a persona e ognuno ha il suo percorso diverso, ma messi tutti assieme possiamo dare un’ idea a chi ne ha bisogno.

E ‘difficile raccontare i momenti di difficoltà, a volte anche di disperazione, come quelli di emozione e di gioia che si provano in una esperienza di questo genere. Quello che mi è successo, mi ha sconvolto la vita, le mie priorità, i miei ritmi la mia sensibilità verso gli altri,il modo di vedere le cose, ma credo che nel mio caso quello che mi ha e mi continua a sostenere di più è l’amore delle persone che mi circondano.
Mia moglie Eliana, i miei figli Claudia e Alessandro,mia sorella, i miei genitori, i miei suoceri, i miei parenti,i miei amici, i miei colleghi di lavoro e tutti quelli che mi conoscevano, hanno fatto cerchio su di me e mi hanno aiutato e hanno pregato perché questo miracolo si avverasse.

Come potevo tradire tanto amore?

Poi assieme ai chirurghi, all’equipe della terapia intensiva, all’equipe del reparto di chirurgia toracica alla dott.ssa Monica Loy con la loro esperienza e professionalità, hanno fatto si che il miracolo avvenisse.Anche la mia dott.ssa di base Daniela , la mia fisioterapista per il respiro, il mio fisioterapista, il dott. Luca Dalle Carbonare, stanno facendo si che nulla vada rovinato e io sto dando il massimo di me stesso, perché tutto questo possa continuare.

Poi assieme ai chirurghi, all’equipe della terapia intensiva, all’equipe del reparto di chirurgia toracica alla dott.ssa Monica Loy con la loro esperienza e professionalità, hanno fatto si che il miracolo avvenisse.Anche la mia dott.ssa di base Daniela , la mia fisioterapista per il respiro, il mio fisioterapista, il dott. Luca Dalle Carbonare, stanno facendo si che nulla vada rovinato e io sto dando il massimo di me stesso, perché tutto questo possa continuare.

Al mio angelo custode che mi ha donato, e alla sua famiglia, vorrei dire che molte volte, quando vado a camminare tra i boschi e i ruscelli penso che attraverso i polmoni e al respiro anche lui possa vedere e gioire di quello che vedo e che gioisco io.
Ho una grande responsabilità verso di te ed è quella di portarti con me il più a lungo possibile.
Io cercherò di mettere tutte le mie forze in questo.Ho cantato e suonato in chiesa , sia quando avevo l’ossigeno che adesso ancor di più dato che il respiro è tornato e questo è il mio modo di ringraziarti e di portarti per sempre con me.

Grazie Diego.