PATRIZIA – 1963
Sono Ilaria, ho 17 anni e la storia che voglio raccontare è quella di mia mamma, che si chiama Patrizia, è nata nel 1963 e ha avvertito i primi sintomi della malattia quando io avevo circa tre anni, cioè nel 1995.
Dei primi due o tre anni del suo decorso patologico, a parte qualche flash, non ho ricordi nitidi: sarò quindi costretta a cercare qualche dato sulle cartelle cliniche.
I primi, molteplici esami risalgono al giugno 1997: fra essi una spirometria, con referto di gravissima insufficienza respiratoria e una biopsia. Successivamente dai medici venne fatta la diagnosi: LAM.
La LINFANGIOLEIOMIOMATOSI POLMONARE è una malattia che sembra dipendere da stimoli di tipo ormonale (estrogeni). Essa è molto rara (circa 650 casi in tutto il mondo) e colpisce esclusivamente il sesso femminile in età fertile.
Attualmente non è ancora curabile, anche se la sperimentazione sugli animali si è conclusa con risultati positivi, quindi si spera di poter iniziare presto con la sperimentazione umana.
Dal 1997 al 1999 è stato un continuo entrare e uscire dall’ospedale per recidivi pneumotoraci. I medici decidono così di intervenire su mia mamma praticando il talcaggio per impedire il collasso polmonare (in parole più semplici ciò consiste nell’ incollare le pleura ai polmoni); seguirà un secondo intervento: l’ovariectomia bilaterale, dato che si sperava che eliminando la produzione di estrogeni e somministrando progesterone la malattia regredisse, ma purtroppo non fu così. Tutto questo accadeva nella mia città, (Genova) presso l’ospedale Villa Scassi di Sampierdarena.
La LAM spesso ha un decorso molto lento, ma nel caso di mia mamma non fu così. Nei quattro mesi successivi lei peggiorò notevolmente, a questo punto i medici decisero che l’unica alternativa possibile fosse il trapianto. Mia mamma, quindi fu trasferita da Genova al Policlinico di Padova, dove vennero svolti tutti gli esami e i controlli per vedere se fosse idonea a entrare in lista d’attesa per il trapianto.
Era la fine di aprile del 1999 quando finalmente la dimisero dall’ospedale di Padova: ricordo ancora il momento in cui arrivò a casa con mio papà e lo stroller con l’ossigeno. Non avevo neppure 7 anni ma già la aiutavo in tutto, visto che per lei era un’impresa anche soltanto fare una doccia, dato che i medici le avevano inserito un tubo di drenaggio nel torace in modo da far uscire l’aria e impedire che i polmoni collassassero.
Questo fu uno dei periodi più difficili: si trattava solo di aspettare.
I due mesi successivi furono interminabili fino a che arrivò la telefonata nella notte fra il 29 e il 30 giugno 1999: era la splendida dottoressa Loy che ci informò di essere sul punto di procedere ad un espianto e che di conseguenza avrebbe aspettato mia mamma all’ospedale. Non avendo ricevuto l’autorizzazione di accompagnarla io rimasi a casa con la nonna.
Rividi mia mamma dopo 5 giorni, quando uscì dalla rianimazione. In seguito venni a sapere che io non sarei potuta entrare in reparto; tuttavia la dottoressa Loy che ormai conoscevo da un pò mi diede ugualmente il permesso di passare (indossando una mascherina il camice e le sovrascarpe sterili): così io potevo infilarmi nel letto con la mamma.
Il rientro a casa fu il momento più emozionante mi attaccai a lei giorno e notte, perchè finalmente era tutta mia .
Erano i primi di agosto e dall’inizio dell’anno era stata in ospedale per 3 mesi, veramente troppi per chiunque. Da quella volta mia madre avrà fatto circa una ventina di ricoveri e controlli; io l’accompagno sempre, infatti non potrei mai rimanere a casa ad aspettarla. É un viaggio lungo fino a Padova sono 400 chilometri: però stare insieme in questi momenti, sembrerà strano, ma ci rende felici e ci unisce ancora di più.
Penso che la prima cosa che farò quando diventerò maggiorenne è diventare donatrice di sangue e iscrivermi nelle liste per donare gli organi: inoltre mi sento in dovere di ringraziare tutti i familiari delle persone che, nonostante la perdita hanno preso la decisione di fare il grande dono della vita ad altre persone malate che altrimenti non sarebbero sopravvissute.
Rivolgo infine un grazie particolare a tutto il personale della pneumologia di Sampierdarena, in particolar modo la dottoressa Serra che segue mia mamma in ogni momento di bisogno; voglio ringraziare gli angeli del reparto di chirurgia toracica del policlinico di Padova che ci hanno aiutato in questi 10 anni.
Un affettuoso abbraccio alla famiglia della donatrice che ci ha fatto questo regalo e all’indimenticabile dottoressa Monica Loy senza la quale questo miracolo non sarebbe potuto avvenire.
Grazie MAMMA perchè mi sei sempre vicina….ti voglio bene